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Il fascino dell'avversione Riflessioni sul dialetto amanteano di Antonio Cima |
Rassicuro chi si accinga ad avviare la lettura di queste poche righe: non si tratta di un tentativo di spiegarci ciò che grandi pensatori, filosofi, antropologi hanno ampiamente studiato e adeguatamente spiegato. Per questo sul web esiste una letteratura sconfinata.
La riflessione che segue scaturisce da una ricerca linguistico-terminologica sul dialetto amanteano che va avanti da anni.
il dizionario che ne è derivato contempla circa 500 parole, praticamente un intero linguaggio in via d’estinzione.
In questa pagina si vuole evidenziare i tanti modi utilizzati per appellare una persona nei suoi aspetti negativi, del suo fare, del suo essere (a volte in modo goliardico).
Per etichettare un individuo (soprattutto se maschio) esiste una moltitudine di termini tale da far impallidire i più avversi censori dell’eretico Giordano Bruno.
La conoscenza di tale terminologia, tra gli amanteani, è diffusa in base all’età anagrafica. Ai giovani molte di tali parole saranno sconosciute, parimenti note saranno ai più anziani.
Ecco l’elenco dei termini negativi “incriminati”:
babalucu, cazzabubulu, cazzumarru, chjonza, ciavuccu, cionciu, cemalu, galla, liccamiccia, mammaluccu, mamozia, ’mpacchja, ‘mpetratu, ‘ncefalatu, ‘nchjametta, ‘ntrò ‘ntro, ‘ntumbita, patanta, scaforchja, tampoliu, trunzu, turdu, minchjunu, cogliavulelli, corchjulutu, civ'i cunnu
Sono 26 e sicuramente altri se ne possono aggiungere.
Questi termini, con sfumatura di toni e diversificazione di ambito, sono tutti finalizzati ad etichettare un soggetto che non brilla per qualità.
Rispetto al titolo si evidenzia solo la propensione umana a “largheggiare” verso la "faccia scura" della luna e ad essere essenziale verso il lato illuminato. Questo è tutto.
Antonio Cima 07-03-2013
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