Salvatore Miceli:
con Mario Rositani scompare una guida morale nel campo e fuori
(le foto in fondo al testo)
Ogni bambino che comincia a rincorrere un pallone su un campo o su uno spiazzo o strada o spiaggia, ha sempre in testa il riferimento di un grande campione della squadra per la quale fa il tifo. Si tratta sempre di un personaggio da televisione e giornali, da figurine Panini. Anch’io, come tutti i bambini, ho sognato più di un mito.
Avendo avuto la fortuna di vivere nel mondo del calcio anche da adulto, come professionista, negli anni ho sviluppato il concetto della figura ideale che nel mondo del pallone si rende necessaria per dare equilibrio all’intero ambiente.
Ho iniziato ad inseguire un pallone quando Mario Rositani non frequentava più i campi di calcio. L’ho conosciuto e frequentato, da grande, come persona ancor più che da ex-calciatore ed ex-allenatore.
Ogni volta che m’intrattenevo con lui non avevo la sensazione di stare vicino a chi fino ad età avanzata ha marcato avversari, recuperato palloni, riavviate le azioni offensive.
E nemmeno vicino a chi aveva allenato, assegnato ruoli, impostato il gioco.
Dal suo fare emergeva, oltre al calciatore e oltre al mister, una figura umana che infondeva fiducia, una guida che indicava due caratteristiche fondamentali per un uomo di calcio e di sport in genere: impegno e generosità.
Non esiste persona che lo abbia visto giocare o allenare che non riconosca in lui queste due qualità.
Sono, questi, due aspetti congeniti nelle figure di riferimento che, anche se non appaiono nelle figurine Panini, contribuiscono a formare le coscienze dando senso compiuto ad uomini di sport.
La ricerca del mito da bambino, che guardava solo al gioco, gradualmente si è orientata verso i comportamenti umani fortemente coincidenti con gl’insegnamenti del maestro Rositani.
I tanti anni che Mario ha dedicato allo sport più amato, il mirabile esempio di umanità che ha rappresentato per alcune generazioni, l’aver sempre dato senza nulla chiedere, non possono restare inosservate nella comunità in cui tutto ciò ha profuso.
Nel ruolo di allenatore della squadra cittadina A.C.D. Amantea 1927, che mi onoro di ricoprire com’egli ha ricoperto, e da cittadino amanteano consapevole del passato di Mario come giocatore, allenatore e guida umana, sento il dovere di manifestare la mia gratitudine per quanto egli ha fatto.
Parlando con i calciatori mi capita spesso di citare gl’insegnamenti del capitano di tante stagioni blucerchiate, determinanti per il raggiungimento di risultati.
Alla fine della partita con il Praia a Mare ho proposto a calciatori e collaboratori tecnici di dedicare la vittoria alla memoria del grande Mario. Lo spogliatoio si è unito in un abbraccio ideale nel quale si stagliava sopra tutti la figura di un uomo, di quelli che contribuiscono a scrivere la storia di una comunità.
Salvatore Miceli 11-09-2012